Fine della tregua a Gaza: gli USA inviano bombe Bunker Buster a Israele


Gaza: riprende il massacro dei civili.

I bombardamenti aerei pesanti da parte di Israele su obbiettivi civili a Gaza sono ripresi venerdì 1 dicembre 2023, nonostante azioni simili abbiano suscitato profonda preoccupazione, orrore e sgomento in tutto il mondo.

Dopo una settimana di tregua pianificata al fine di mitigare la tensione tra le fazioni opposte, purtroppo siamo testimoni di una brutale ripresa del conflitto accompagnata da un drammatico aumento del numero di vittime. In meno di 24 ore, molte decine di palestinesi hanno perso la vita a causa di questi attacchi brutali e ingiustificati.

Le immagini che giungono da Gaza sono terribili e testimoniano l'incessante distruzione e sofferenza che sta colpendo la popolazione civile nel nord della Striscia di Gaza, mentre si apprende che gli USA hanno inviato bombe Bunker Buster, GBU-39, JDAM e altro materiale bellico altamente distruttivo per assistere Israele a perpetrare quel massacro.

Chi controlla il mondo?
Bombe israeliane colpiscono i quartieri civili di Gaza - 2 Dicembre 2023

Secondo un rapporto del Wall Street Journal, gli Stati Uniti hanno fornito le cosiddette bombe "bunker buster" e una serie di altre munizioni a Israele per la sua guerra a Gaza.

Washington ha trasferito 100 bombe BLU-109 a Israele che dovrebbero penetrare nelle strutture rinforzate prima di esplodere, afferma il rapporto, citando funzionari statunitensi anonimi. Tali bombe trasportano una testata del peso di oltre 900 chilogrammi (19,80 libbre) e sono state precedentemente utilizzate dagli Stati Uniti in vari conflitti, inclusa la guerra in Afghanistan.

Non è l’unico tipo di munizioni fornite dagli Stati Uniti a Israele per la guerra contro l’enclave assediata, che finora ha ucciso più di 15.000 palestinesi, tra cui almeno 6.150 bambini, dopo che l’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre, che ha dato inizio alla guerra, aveva già ucciso 1.200 persone.

A differenza dei regolari aggiornamenti sugli armamenti da parte degli Stati Uniti sulla guerra in Ucraina, il Pentagono è rimasto per lo più in silenzio sul suo livello di sostegno agli armamenti a Israele in mezzo alla condanna internazionale delle operazioni militari israeliane a Gaza.

Il rapporto del WSJ afferma che l’ondata di armi statunitensi verso Israele dall’inizio della guerra ha incluso 15.000 bombe e 57.000 proiettili di artiglieria da 155 mm che sono stati trasportati principalmente su aerei cargo militari C-17. Washington ha anche inviato più di 5.000 bombe Mk82 non guidate, più di 5.400 bombe Mk84, circa 1.000 bombe GBU-39 di piccolo diametro e circa 3.000 JDAM, un kit di guida che trasforma le bombe non guidate in munizioni guidate con precisione.
Ciò si aggiunge ai miliardi di dollari che Israele riceve ogni anno come sostegno finanziario degli Stati Uniti per le sue operazioni militari.
Secondo il WSJ, le micidiali bombe fabbricate dagli Stati Uniti sono state utilizzate in alcuni degli attacchi israeliani più terribili contro la Striscia di Gaza, compreso l’attacco che ha raso al suolo un quartiere nel campo profughi di Jabalia, uccidendo più di 100 persone. Israele aveva affermato che l'attacco era giustificato in quanto aveva ucciso un leader di Hamas.

La decisione di Washington di inviare tali forniture solleva grandi interrogativi sulle implicazioni di tale sostegno. In un contesto così delicato, l'intensificarsi di queste azioni militari indiscriminate non fa che aumentare le tensioni e porre ulteriori ostacoli al raggiungimento di una soluzione pacifica tra le parti. Ora, più che mai, è fondamentale che la comunità internazionale si impegni efficacemente e concretamente per porre fine al massacro di civili inermi coinvolti in questo conflitto disumano.

Intanto l’esercito israeliano, che nelle settimane scorse aveva ripetutamente ordinato ai palestinesi di evacuare il nord di Gaza, sabato ha diramato un comunicato dove si dichiara che, ora, anche le parti del sud di Gaza saranno considerate zona di guerra.

Le persone sul campo e i gruppi per i diritti umani hanno ripetutamente affermato che ormai non esiste più un posto sicuro nella Striscia di Gaza.

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